Ammettiamolo, Larry Mullen Jr ci ha fatto perdere 10 anni di vita con le sue dichiarazioni al Washington Post. Parlo da fan ovviamente!
Quando il boss degli U2 parla, pubblicamente dopo anni di silenzi, fa tremare i polsi. Le sue parole sono sempre poche, ma difficilmente non lasciano il segno.
Deo gratias, per il mio portafoglio, è praticamente escluso un suo ritorno al live nel 2023. E senza Larry Mullen Jr, non c’è formazione arraffazzonata degli U2 che possa tentarmi di scendere in trincea, per accapparrarmi il ticket di un qualsivoglia concerto. Non esiste proprio.
Credo che per Larry il tempo sospeso del Covid-19, sia stata una manna dal cielo.
Forse lo vedremo tornare senza i bendaggi antidolorifici.
Forse lo vedremo tornare diverso.
Forse gli verrà voglia di rientrare in contatto con il pubblico. Con una certa razza di fans, sicuramente meno. Ma tant’è è un obolo che dovrà pagare fino al suo ultimo respiro. Ma son certa si ricorderà anche di quelli che rispettano il suo essere.
Sicuramente la passione e la dedizione per la musica non verranno mai meno.
"So I'd like to take some time, which I will do to get myself healed. And I really enjoy playing and I enjoy the process of playing and being in the company of creative people. I enjoy that. I don't care if that's big or small. It's a bit like the sprout looking for water."
Bono creperebbe senza fama. Mi sono totalmente disinteressata di Surrender, 40 anni, una storia. Poco sopporto gli sproloqui di Paul Hewson, li trovo ridondanti, forzatamente buonisti, a tratti noiosi. Preferisco che i silenzi ‘Larry’s style’ perchè raccontano molto più di fiumi in piena di parole.
“Eretica!”, sarà la condanna emessa dall’orda di fans puristi uduici. Pazienza me ne farò una ragione, non sono mai stata, non sono e non sarò mai una pecora che ama stare nel gregge.
(ndr: fans tanto puristi, quanto affaristi dei mercati sommersi di biglietti live, ma mi taccio)
Torino, quel dì di settembre 2015 When my dream came true
Quale miglior inizio per una lettera indirizzata a John Taylor, bassista e fondatore – con Nick Rhodes – dei Duran Duran. Il fenomeno Pop degli anni ’80. Non è esagerato definirlo un simbolo generazionale.
Inutile dirlo, John Taylor è stato l’idolo mio come di migliaia, milioni di altre teenagers. Una tempesta ormonale senza precedenti, che se avrete occasione (fate in modo di averla) di assistere oggi ad un concerto dei Duran Duran, vedrete nuovamente concretizzarsi intorno a voi e davanti ai vostri occhi. Chissenefrega degli Anta abbondanti ormai sulle spalle, una ventata di meravigliosa leggerezza dell’essere.
Sfogliare le pagine di In The Pleasure Groove: love, death and Duran Duran (Nel Ritmo del Piacere: amore, morte e Duran Duran, nella versione tradotta ndr), è intraprendere un viaggio in quell’epoca gloriosa che ha sfornato veri propri mostri sacri. Dei miti che hanno il dono dell’mmortalità (Freddie Mercury, David Bowie su tutti). Alcuni non ci sono più e li piangeremo per sempre, altri stipano ancora le venues a 60 anni suonati.
Quale immensa fortuna abbiamo avuto? Un amico musicista, mi ha suggerito che è un errore demonizzare la musica dei giorni nostri, perchè lo stesso si diceva a suo tempo dei Beatles e poi sappiamo bene come sia andata a finire. Dovrò dargli ragione? Io sono molto scettica. O forse solo ottusa?
Ho deciso di affrontare la lettura di In The Pleasure Groove in lingua originale, come suggerito in una recensione in cui mi sono imbattuta. Credo effettivamente sia stata la scelta migliore, perchè c’è una ironia, talvolta anche greve, che dubito possa essere tradotta.
Today is October 3
It is friday
You are in Chicago
Today is a show day
Sound check is at 4pm
Your almost expected to say YOUR NAME IS: JOHN
In the Pleasure Groove: Love, Death and Duran Duran (cap. 31)
Non aspettatevi un’autocelebrazione. C’è chi ha mollato dopo le prime pagine, che ripercorrono quasi ossessivamente l’infanzia di John. Una lettura che sembra sublimare in una dimesione reale e tangibile, in cui vivi ogni minimo passo che sta compiendo, grazie ad una dovizia di dettagli impressionante. C’è chi ha criticato l’opera, per essere la solita trita e ritrita narrazione della parabola discendente di un musicista che ha vissuto solo di sesso, alcool, droga e rock’n roll.
Non so per quale astrusa ragione, io abbia trovato una chiave di lettura molto diversa dallo stereotipo di biografia destinata ai fans.
Forse aver lavorato nell’ambiente musicale, ed avendone ancora le mani in pasta (ben lungi dal live di calibro), offre un angolo di visione differente. In certi frangenti si legge, a mio avviso, una chiara critica a quella che è stata (probabilmente la sarà sempre) la gestione ‘delle galline dalle uova d’oro’ da parte di case discografiche, producers e promoters.
Alla fin fine, indipendente tutto e dai talenti, sono e saranno sempre loro a decretare la vita e la morte di un artista.
John Taylor ricorda come i Duran Duran ci abbiano rimesso i denti davanti alle porte sbattute loro in faccia, nel momento in cui hanno deciso di intraprendere una strada che si discota dal POP.
Il fenomeno POP, se non fa POP perchè dovrebbe continuare ad esistere?
E quando ‘no money’, c’è ben poco da fare se non scavare nella sabbia alla ricerca di qualcuno che ti offra una chance, magari più per scommessa che per altro. Così anche le aspettative si ridemsionano e il successo assume un altro sapore. Ed oggi, scollinando ogni volta le montagne russe, sono ancora qui a sfornare inediti e a calcare i palchi di tutto il mondo.
Next thing I know, I’m waking up from a deep, restful, much needed sleep
Today is: Showday
Your name is: John Fucking Taylor
In The Pleasure Groove: Love, Death and Duran Duran (cap. 72)
In the Pleasure Groove è una presa di coscienza da parte dell’autore, di un’onestà umana e intellettuale disarmante, che poche altre volte ho incontrato. Senza dubbio, le dipendenze sono un argomento cardine del libro. Praticamente dal giorno Uno. Sembra ne parli come per volersi disfare di un fardello che non ha più senso portarsi sulle spalle. Probabilmente un dovere verso se stesso e verso chi c’è sempre stato, nonostante tutto.
Compiuti i dieci anni, In The Pleasure Groove è un must have per i fans della band inglese, ma dovrebbe essere un must have nella libreria di chiunque voglia conoscere cosa si celi dietro la fama e i fasti dei riflettori, al di là di demagogie e dicerie.